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Sedna, un Inuit sull’Olimpo

Il presunto decimo pianeta del sistema solare, anziché al consueto bagaglio mitologico greco e latino attinge il suo nome, Sedna, dalla tradizione Inuit (eschimese). Questa scelta inconsueta ricalca il suo statuto ancor incerto. Stabilire cos’è un pianeta infatti non è cosa semplice. Ce ne parla Bruno Marano, Direttore del Dipartimento di Astronomia dell’Università di Bologna.
Come un artista ha disegnato Sedna. A destra in alto la piccola luce del Sole distante 8 milioni di milglia. Marte, Giove, Plutone, Saturno, Mercurio: i nomi dei pianeti del sistema solare gravitano tutti attorno al Monte Olimpo e alla mitologia greca e latina. Soltanto finora però, perché ormai da qualche giorno si parla di un nuovo inquilino, potenzialmente il decimo, che ha un nome Inuit (Eschimese), Sedna, decisamente esotico per il cosmo. Una stranezza non casuale questa, ma frutto di una vera e propria incertezza scientifica: la comunità astronomica infatti non è ancora sicura di poter ascrivere a pieno titolo Sedna al novero dei pianeti della nostra galassia.

Possibile, viene da chiedersi, che dopo secoli di ricerca e dopo decine di atterraggi sulla Luna possano sussistere ancora simili dubbi?
“Certo”, risponde Bruno Marano, direttore del Dipartimento di Astronomia dell’Università di Bologna, “perché la definizione scientifica di pianeta non è ovvia quanto si crede. Molte persone, cioè, con approccio oggi più astrologico che astronomico, sono convinte, come lo erano Tolomeo, Dante e lo stesso Copernico, che i pianeti e le loro orbite siano forme geometriche perfette e ben riconoscibili. In realtà essi sono invece pietre imperfette, definite pianeti solo in virtù di poche caratteristiche, come per esempio, rimanendo a un livello molto elementare, l’appartenenza al sistema solare sin dalla sua nascita e la gravitazione lungo un’orbita allineata”.

E Sedna possiede questi requisiti?
“Ha un’orbita, certo, ma è talmente grande che nel suo punto più remoto potrebbe portare il pianeta a una distanza dal Sole dieci volte più grande di quella attuale, che già non è piccola, attestandosi a circa 100 volte la distanza Sole-Terra. Probabilmente, poi, Sedna ha da sempre fatto parte del Sistema Solare, ma è ancora difficile stabilire se sia all’esterno della cintura di Kuiper, una famiglia di corpi che orbitano oltre Plutone, o se appartenga invece alla nube di Oort, una famiglia di oggetti molto più lontani e poco conosciuti. E quanto alle sue dimensioni, è in fondo abbastanza piccolo, più piccolo della nostra Luna. Insomma, i dubbi da sciogliere rimangono”.

E per studi più raffinati cosa occorre?
“I corpi come Sedna sono lontanissimi e riflettono poca luce. Per vederli quindi occorrono telescopi molto potenti e osservazioni mirate, perché a quelle distanze gli spostamenti di un pianeta o di un asteroide nella sua orbita sono minimi e quindi difficili da rilevare, se non attraverso immagini in successione di aree selezionate.”

Ma al di là delle difficoltà delle osservazioni, quali implicazioni teoriche ne potrebbero scaturire? Si potrebbe incorrere in una nuova rivoluzione copernicana?
“Per quanto riguarda la struttura del sistema solare, sicuramente no. Tutt’altro discorso invece per la sua storia: dagli studi sulle estreme periferie, si potrebbe infatti capire se ciò che osserviamo è stato lì fin dall’inizio o se invece è stato catturato successivamente. Inoltre si potrebbe gettar luce sulla composizione di quei corpi lontanissimi, verificando se sono solo rocciosi o se hanno al contrario grosse percentuali di ghiaccio come le comete.
Insomma, le domande a cui rispondere non mancano. Senza pensare a chi, avendo in mente piccoli pianetini più vicini di Sedna, ipotizza già, o forse solo sogna, la possibilità di sfruttare eventuali giacimenti minerari”.