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Etica e ricerca storica: per non andare oltre la banalità del male

Per un giorno l'attenzione della comunità internazionale tornerà alla Shoah. Un'occasione per ricordare la tragedia, ma anche per capirne le cause storiche dell'epoca e i moniti politici per il futuro. Le riflessioni di Alberto De Bernardi, Direttore del Dipartimento di Discipline Storiche.
Stella di Davide "Tutti i totalitarismi hanno un'ideologia, i miti politici sono la loro forza e la lotta al nemico interno ciò che dà loro coesione". Alberto De Bernardi, Direttore del Dipartimento di Discipline Storiche, avvia così la riflessione sull'olocausto, lo sterminio della popolazione ebrea che giovedì 27 gennaio, anniversario della liberazione di Auschwitz, sarà ricordato in tutto il mondo, con seminari e proiezioni anche nelle aule dell'Università di Bologna. Le tappe storiche della tragedia sono universalmente note: la costruzione di uno stato giuridico che riducesse gli ebrei a non cittadini; le espropriazioni materiali per ridistribuire le ricchezze di una classe media economicamente solida; e, infine, il concepimento dello sterminio di massa, la soluzione più economica per cancellare un'intera cultura dall'Europa pensata da Hitler.

Meno evidenti, tuttora, sono le ragioni sociali e politiche che permisero il verificarsi di una simile tragedia. "L'antisemitismo - precisa in proposito De Bernardi - era una presenza forte e la propaganda ideologica, unita al terrore di essere colpiti dalla repressione, convinse davvero la popolazione del fatto che gli ebrei fossero una minaccia nazionale, creando un livello di militanza tale da trasformare ogni cittadino in un delatore". Bisogna poi considerare che altri fattori si innestarono su questi facendo dell'avanzata tedesca una marcia genocidaria: "Prendiamo il caso della Polonia - prosegue De Bernardi -: nella parte del paese occupata dai russi, i polacchi, anti-russi per eccellenza, furono conquistati dalla frequente equazione tra ebrei e comunisti e aiutarono le persecuzioni in un'ottica di guerra all'occupante".

Una commemorazione del genere non può comunque fermarsi al passato. Il suo significato diventa inevitabilmente anche politico, di monito alle generazioni future. Un monito che, ha commentato Elie Wiesel nei giorni scorsi, tende ad affievolirsi mano a mano che i testimoni diretti della vicenda scompaiono. "La tesi secondo cui, quando scompaiono i testimoni, si perdono le tracce di un evento è una polemica di lunga data - commenta De Bernardi - giustificata dalla convinzione che la storia, spinta a trovare le cause di ogni gesto, tenda a relativizzare la condanna morale. Io credo invece che lo studio dei contesti sia utile per non ripetere, anche se la storia avrebbe dovuto attaccare con più forza le teorie negazioniste e riduzioniste. L'interpretazione scientifica non può andare oltre alcuni confini: sancire l'appartenenza di certe teorie alla storiografia significa infatti legittimare il giustificazionismo, negare lo statuto di vittima".

"Con il rischio - conclude De Bernardi, citando Hannah Arendt - di andare oltre la banalità del male".