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La Cina di Federico Rampini: "Lo shock è tornare in Italia"

Invitato al Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere e Moderne per la lezione inaugurale del Corso di Laurea in "Lingue, mercati e culture dell’Asia", Federico Rampini ha analizzato i perché dei ritardi italiani verso il gigante asiatico.
Federico Rampini

"Lo shock è tornare in Italia e vedere che qui è tutto fermo". Federico Rampini, corrispondente da Pechino per il quotidiano La Repubblica, è ormai più turbato dai ritardi italiani che dalle diversità asiatiche. E’ arrivato all’Università di Bologna per l’inaugurazione del Corso di laurea in Lingue, culture e mercati dell’Asia con trenta minuti di ritardo. Colpa del treno proveniente da Roma. "Qui – dice Rampini – si ostinano a chiamare alta velocità quel patetico Eurostar. A Shangai hanno il treno a lievitazione magnetica di fabbricazione tedesca che corre a 400 Km/h".

La lentezza dei trasporti è un po’ una metafora dell’immobilismo del nostro paese di fronte all’economia cinese. Rampini cita alcuni dati. Nella classifica degli investitori esteri in Cina l’Italia si colloca al 23° posto: dopo Olanda e Malesia. Ovunque ci sono moltitudini di studenti cinesi: 35.000 perfino nella piccola Irlanda, mentre da noi si contano ancora a centinaia. E gli ostacoli, lamenta il giornalista, con la legge Bossi-Fini non fanno che aumentare.

Così le distanze economiche e culturali restano immutate. Le grandi industrie italiane si ritirano in settori protetti dallo stato italiano e vivono di rendite monopolistiche. E i piccoli distretti produttivi che erano fioriti all’inizio degli anni Novanta cedono il passo di fronte al minor costo della manodopera in Asia. "L’Italia – diagnostica Rampini, ex vicedirettore del Sole24Ore – è arrivata in ritardo nella creazione di un paese di professionisti qualificati". Non ha saputo fare ciò che in due decenni ha fatto la California: "La Sylicon valley – prosegue il corrispondente - è un immenso centro studi. L’industria si è spostata da lì all’altra sponda del Pacifico da almeno 20 anni".

Ritardi strutturali a cui si è aggiunto il terrorismo culturale delle forze politiche e imprenditoriali che hanno descritto la Cina come uno "spauracchio" e "un concorrente sleale". "Tutti i miracoli economici – ribatte invece l’autore de Il secolo cinese – compreso quello italiano degli anni ’60 hanno fatto ricorso a dosi di protezionismo ben più massicce di quelle messe in campo dalla Cina, che ha accettato da subito di sottostare alle leggi del mercato".

Nonostante i ritardi, la sfida Italiana alla Cina resta aperta. Agli studenti bolognesi pronti a esplorare la cultura e l’economia cinese Federico Rampini ha lanciato un messaggio incoraggiante: "La Cina è talmente grande che c’è posto per tutti. Affrettatevi, perché la Cina vi aspetta".