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I ragazzi e le ragazze del ‘66...

Bologna, a 40 anni di distanza dall’alluvione di Firenze, lancia un appello e cerca i suoi Angeli del fango: gli studenti dell’Alma Mater che, come volontari, parteciparono alla grande iniziativa di solidarietà.
libri

Ragazzi e ragazze come Giulia e Nicola, i protagonisti della Meglio gioventù di Marco Tullio Giordana, che accorsero come volontari per dare una mano a Firenze, invasa dal fango.  Ragazzi e ragazze del 66 che raccontano oggi l’esperienza di essere stati protagonisti di una maratona di solidarietà.

E’il 4 novembre 1966. Piove da diversi giorni e all’alba l’Arno rompe gli argini. Firenze è allagata. L’acqua inonda le strade e sale fino ai primi piani delle case. Entra in Palazzo Vecchio, nel Duomo, nel Battistero. Ci vogliono due giorni perché il fiume si ritiri lasciando Firenze sepolta e sommersa dal fango. Decine le persone morte. Mancano l’acqua, i viveri, l’energia elettrica. I libri e le opere d’arte sono pieni di fango. Nella costernazione per il disastro parte un’immensa iniziativa di solidarietà civile che coinvolge non solo i fiorentini, ma anche volontari provenienti da ogni parte d’Italia e del mondo. "Gli angeli del fango", come vennero soprannominati in seguito. Dodicimila tra uomini e donne in tutto il mondo. Quasi tremila gli angeli universitari bolognesi che giornalmente prendevano autobus e camion e si recavano a Firenze per portare soccorso.

A quarant’anni di distanza Firenze cerca i suoi "angeli". Le istituzioni della Toscana lanciano un "raduno internazionale" e una serie di iniziative. E Bologna risponde chiamando a sua volta a raccolta chi, 40 anni fa, c’era. "Un canale tematico di UniboMagazine sarà destinato, tra qualche giorno, a raccogliere racconti, testimonianze e foto di quanti vorranno inviarle all’indirizzo angelidelfango@unibo.it", annuncia il Pro Rettore Roberto Grandi. Anche lui c’era e anche lui ricorda "quel fango che entrava dappertutto e che aveva un odore", un odore che in seguito sarebbe stato impossibile dimenticare.

"Tutto nacque da una telefonata – ricorda invece il professor Carlo Monti – una telefonata di un compagno di studi che si trovava a Firenze e che ci disse ‘Venite qui è un disastro’". Partirono così, spontaneamente e grazie alla "macchina organizzativa" fornita dagli organismi studenteschi di quegli anni, le iniziative di soccorso. Così si rimboccarono le maniche e partirono i ragazzi e le ragazze del 66.

"La gente non poteva dormire a Firenze, per non recare ulteriore disagio in città. Così decidemmo di organizzare pullman che partivano ogni giorno e che a sera riportavano a casa i volontari". Due o tre al giorno e cinque la domenica. 2843 le presenze degli studenti bolognesi. C’era chi doveva indossare i jeans di qualche fratello maggiore o chi dava una mano qui a Bologna perché magari era più piccolo e i genitori non volevano che andasse a Firenze. C’era chi puliva le tute e gli stivali di gomma in San Sigismondo, mentre altri, alla Manifattura, si prendevano cura dei libri "asciugandone le pagine con la carta assorbente" ricorda Carla Faralli.

E ancora gli studenti di Farmacia selezionavano i farmaci che venivano inviati a Firenze, quelli di Ingegneria studiavano  il modo migliore per far defluire le acque.

"Quello di Firenze fu il momento più alto di impegno civico, culturale e politico degli ultimi 200 anni", ricorda Mario Pantano, oggi presidente di Manager, una società di Ricerche Direzionali, allora studente di Giurisprudenza. Con lui c’erano anche Paolo Pupillo, Jacopo di Cocco, Maria Iacuaniello. "Ricordo quando terminata la giornata  andai in giro per Firenze. Mancava ancora l’energia elettrica, tutto era sporco e livido ma in un bar c’era una candela e la scritta caffè caldo". Era la vita che lentamente riprendeva. "Era quel misto di clima drammatico, ma anche euforico – dice l’avvocato Federico Bendinelli- con quell'euforia che nasce quando si vede il frutto dell'agire collettivo, del lavorare assieme".

Oppure c’era chi come l’avvocato Bruno Micolano assaporò per la prima volta la spaccatura sociale di "chi si rimboccò le maniche e di chi non volle lasciare i propri abiti da Club del tennis". Perchè già si sentiva il vento del 68.

Il coperchio della scatola dei ricordi è appena sollevato. Quella lanciata attraverso la rete è la prima delle iniziative bolognesi. Roberto Grandi annuncia infatti anche un incontro, venerdì 27 (alle 17) in Rettorato. Un vero e proprio raduno per dare un nome e un volto agli angeli del fango dell’Unibo.