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Il vero viso di Dante

Ingegneri e antropologi svelano il vero profilo del Sommo Poeta. Tre le equipe di ricerca impegnate nel progetto: il Laboratorio di Realtà virtuale della II Facoltà di Ingegneria a Forlì, diretto dal prof. Persiani, l'equipe antropologica del prof. Gruppioni e il gruppo ricerca del prof. Mallegni dell'Università di Pisa. 
Volto di Dante

Chi non ha presente il famoso profilo dantesco con mento prominente e naso aquilino? Ebbene: non è affatto detto che il Sommo Poeta presentasse proprio l’aspetto che i suoi ritratti ci hanno tramandato. Certo un  bell'uomo non era, ma il suo volto probabilmente non aveva i tratti spigolosi e l'espressione torva e accigliata dei nostri libri di scuola. E’ quanto emerge da una fototessera-sui generis, elaborata al computer dei tecnici del Laboratorio di realtà virtuale della II Facoltà di ingegneria di Forlì.

"Abbiamo restituito a Dante la sua umanità", ha affermato in un’intervista il prof. Giorgio Gruppioni. "E' tornato a essere uno di noi. I ritratti volevano far emergere lo spirito del poeta. Erano più psicologici che reali". Si pensi infatti a quello fatto da Boccaccio che ha finito per fornire lo stereotipo per tutta l'iconografia successiva: "Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccoli, le mascelle grandi, e dal labbro di sotto era quel di sopra avanzato (...) e sempre nella faccia malinconico e pensoso". E che dire di quello che in Vaticano è uscito dai pennelli di Raffaello ancor più spigoloso oscuro e drammatico.

Gli studi sul vero volto di Dante hanno origine proprio all’Università di Bologna, a partire dagli anni Venti, con il lavoro dell’antropologo Fabio Frassetto. In occasione del sesto centenario della morte del poeta, Frassetto ottenne infatti il permesso di effettuare rilievi sulle sue ossa, conservate a Ravenna dove Dante morì. Frassetto non potè effettuare un calco del cranio ma lo ricostruì sulla base delle misurazioni. La mascella, andata perduta, venne poi modellata sulla base del cranio così ricostruito. Già allora, sovrapponendo quel cranio a molti ritratti del poeta, Frassetto notava che non gli assomigliavano affatto. Eccezion fatta per quello della scuola giottesca nel Bargello a Firenze. E non è un caso che tale ritratto sia precedente al testo, più psicologico che descrittivo, opera del Boccaccio.

Ha preso origine dal lavoro sul cranio di Frassetto anche quello attuale. L’equipe del laboratorio di Realtà Virtuale di Forlì, diretto dal prof. Persiani, dopo aver elaborato digitalmente il calco costruito dal Prof. Frassetto con tecniche di reverse engineering, ha proceduto alla realizzazione della mandibola, che risulta mancante, tramite tecnologia di modellazione virtuale. Tali complesse elaborazioni hanno portato al modello digitale del cranio completo di Dante. Dal modello cranico così ottenuto il laboratorio ha prodotto il modello fisico dello stesso, mediante un sistema di prototipazione rapida.

Infine sul modello cranico fisico sono state apposte dall'equipe del Prof. Mallegni le parti molli del volto, rappresentate dalla muscolatura, dal pannicolo adiposo e dalla cute, secondo la tecnica di facial reconstruction impiegata anche nel campo dell’antropologia forense. Il risultato di quest’ultima fase rappresenta una prima interpretazione dell’aspetto probabile del volto.

La ricerca è poi proseguita a Forlì. Lo stesso procedimento di ricostruzione 3D è stato applicato al volto ricostruito manualmente al fine di rielaborare virtualmente il risultato della ricostruzione dei tessuti molli: la ricostruzione del volto è manipolabile così in forma dinamica, permettendo di verificare diverse ipotesi, da confrontarsi con le fonti storiche, circa le possibili varianti dipendenti dall’età, dallo stato di salute ecc. del Poeta.

Ecco, al completo, l'equipe coinvolta nel progetto di ricerca:

  • il Laboratorio di Realtà Virtuale, II Facoltà di Ingegneria, Università di Bologna (sede Forlì) diretto dal Prof. Franco Persiani, con una equipe composta dall’Ing. Francesca De Crescenzio e dall’Ing. Massimiliano Fantini
  • il Prof. Giorgio Gruppioni con la collaborazione del Dott. Stefano Benazzi, del Dipartimento di Storie e Metodi per  la Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Bologna (sede di Ravenna)
  • il Prof. Francesco Mallegni, con la collaborazione di Gabriele Mallegni del Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Pisa.