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Una ricerca su 50 mila persone svela nuovi geni dell’Alzheimer

Federico Lìcastro, immunologo dell'Alma Mater, è co-autore di uno studio di imminente pubblicazione su Nature Genetics, secondo il quale tra i fattori scatenanti l’Alzheimer vi sarebbero anche virus cerebrali della famiglia dell’Herpes

La più vasta ricerca europea mai condotta sulle radici genetiche dell’Alzheimer (19mila pazienti studiati, insieme a quasi 32mila individui sani) ha individuato cinque geni associati alla malattia di cui quattro finora mai collegati al morbo. Secondo l’immunologo Federico Lìcastro la scoperta rafforzerebbe l’ipotesi che tra i fattori scatenanti l’Alzheimer possano esserci anche virus cerebrali della famiglia dell’Herpes.


Dei cinque geni imputati, uno (Abca7) ha funzione di trasporto dei lipidi (grassi) nel cervello ed in particolare nell’ippocampo, area particolarmente colpita dalla malattia. Altri tre (Msa4, Cd33, Cd2ap) svolgono funzioni di regolazione dell’infiammazione cerebrale. Il quinto (Epha1) regola morfologia e mobilità cellulare ed in parte alcune risposte immunitarie.


Questi geni, dice Licastro, sono tutti coinvolti nei meccanismi con cui virus che risiedono in forma latente nel nostro cervello, come l’Herpes, riescono ad infettare le cellule, a "mimetizzarsi", una volta dentro, per non essere attaccati dalle difese immunitarie, ed infine uccidere la cellula ospite. Ci sentiamo quindi incoraggiati a proseguire le ricerche sulla nostra ipotesi che questi virus possano giocare un ruolo nell’insorgenza della malattia.


Attualmente il gruppo di ricerca di Licastro, che vede impegnate anche le giovanissime Elisa Porcellini, pure lei co-autrice dello studio, e Ilaria Carbone, sta lavorando ad una verifica sperimentale di questa ipotesi. "Stiamo cercando di scovare i virus della famiglia Herpes nelle cellule del cervello dei malati di Alzheimer – spiega Licastro. - L’ideale sarebbe affiancare la ricerca sulle cellule umane con studi sugli animali. Ma i costi lievitano tantissimo, perché servono topi geneticamente modificati. Si arriva a 7000 euro per singolo roditore. Siamo a caccia di fondi, oltre che di virus".


Nell’eventualità, non immediata, che l’ipotesi "infettiva" dovesse trovare conferma, si aprirebbero nuove prospettive di prevenzione e terapia. Se scoprissimo che certi virus, molto diffusi, contribuiscano all’insorgenza di malattie come l’Alzheimer, si potrebbero valutare secondo Licastro misure come la vaccinazione precoce dei bambini, o il trattamento dei malati con farmaci antivirali. Certo, non sarebbe una passeggiata, dice il professore. "Un virus come l’Herpes, è un parassita perfetto. Si stabilisce nel nostro organismo in tenerissima età e ci accompagna fino alla tomba. Si tratta di esseri abituati a convivere con la nostra specie dalla notte dei tempi. Sradicarli non sarà affatto facile".


L’Alzheimer è oggi la forma più frequente di demenza senile: entro gli 85 anni ne viene colpita una donna su cinque e un uomo su dieci.