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A piedi sulle rocce più profonde d’Italia

Il gruppo di ricerca di Petrologia del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Bologna ha guidato un’escursione scientifica internazionale nella catena alpina delle Maddalene, dove è possibile vedere e toccare con mano rocce del mantello terrestre di norma sepolte decine di chilometri sotto i nostri piedi
A piedi sulle rocce più profonde d'Italia

Da un certo punto di vista possono essere considerate le rocce più profonde d’Italia: la loro casa, infatti, sta di norma una trentina di chilometri sotto i nostri piedi. Ma la terra, lo sappiamo bene, si muove, le zolle tettoniche si scontrano e ciò che era in profondità può finire per ritrovarsi in superficie. E’ così che – caso unico nel nostro Paese – tra l’alta Val di Non e la Val d’Ultimo, nella catena alpina delle Maddalene, in Trentino-Alto Adige, si possono vedere e toccare con mano rocce che hanno fatto parte del mantello terrestre, la larga fascia rocciosa che si trova tra la crosta terrestre e il nucleo del pianeta.

Il gruppo di ricerca di Petrologia del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Bologna ha da poco guidato in quella zona un’escursione scientifica internazionale. "Sono rocce speciali – spiega il docente Unibo Roberto Braga, uno degli organizzatori della spedizione – capaci di aprire una finestra sulla Terra profonda". Studiando la loro composizione mineralogica, infatti, è possibile acquisire informazioni preziose sul ciclo globale degli elementi. "Al contrario di quanto si può pensare – continua il professore – il ciclo di elementi indispensabili per la vita, come carbonio, idrogeno, ossigeno o azoto, non coinvolge solo la biosfera ma anche, e soprattutto, le profondità della Terra".

Alla spedizione hanno preso parte studiosi in arrivo da tutto il mondo – francesi, tedeschi, russi, cinesi, giapponesi, sudcoreani, australiani – tutti attirati dalla rara possibilità di poter ritrovare in superficie rocce formatesi centinaia di milioni di anni fa ad alta profondità. "Ci sono pochi luoghi al mondo in cui è possibile trovare rocce di mantello", dice ancora Roberto Braga. "L’unica altra via che hanno per venire alla luce è attraverso le eruzioni vulcaniche, quando rocce di questo tipo vengono catturate dal magma nella sua risalita verso la cima del vulcano".

Il gruppo di ricerca di Petrologia dell’Università di Bologna ha una lunga tradizione di studio, avviata da Ciro Andreatta, ordinario di Mineralogia all’Alma Mater dal 1938 al 1960 e pioniere dell’analisi delle rocce venute dal profondo. Oggi i petrologi bolognesi continuano nel solco di quella tradizione studiando l’evoluzione delle rocce magmatiche e metamorfiche, uniche per la loro rarità e importanza.

"La spedizione scientifica è andata molto bene", dice in chiusura Roberto Braga. "Per noi era la prima esperienza del genere e abbiamo ricevuto molti risccontri positivi". E per il futuro c'è l'idea di ripetere la visita coinvolgendo studiosi a livello nazionale e studenti. "E’ senza dubbio una possibilità. Abbiamo attiva una collaborazione con il vicino Comune di Rumo, che ci può fornire il supporto logistico. Le condizioni, quindi, ci sono tutte".