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Il futuro dell'istruzione superiore in Europa

Evento centrale della settimana che l'Università di Bologna ha dedicato all'istruzione superiore a livello internazionale, il convegno "Lo Spazio Europeo dell'Istruzione Superiore: proposte per il futuro" ha suscitato spunti e riflessioni per capire quali compiti spetteranno alle università nel prossimo decennio. La risposta di Sergio Romano: "Creare le condizioni perché domani si parli un linguaggio comune europeo"
Sergio Romano

"Se la grande potenzialità dell'Europa sta nella molteplicità delle sue culture storiche, come si può chiedere un'unità culturale europea?". E' questa contraddizione in termini il punto centrale che Sergio Romano, ambasciatore, docente universitario, giornalista, ha presentato alla platea durante il convegno "Lo Spazio Europeo dell'Istruzione Superiore: proposte per il futuro", ospitato mercoledì 15 settembre nell'Aula Absidale di Santa Lucia.

Organizzato congiuntamente dal Ministero dell’Istruzione, dall’Alma Mater e dall’Osservatorio della Magna Charta, il convegno è stato l'evento centrale della settimana che l'Università di Bologna ha dedicato all'istruzione superiore a livello internazionale. Lo scopo era "generare idee propositive per lo Spazio Europeo dell'Istruzione Superiore nel periodo 2010-2020 con un attivo coinvolgimento di docenti e studenti".

"Obiettivo generale del Processo di Bologna - ha spiegato il rettore Ivano Dionigi - era creare un'Area europea dell'istruzione superiore, definita non solo da elementi di convergenza strutturale, ma anche dalla condivisione di principi educativi, volori e politiche, che potessero creare le condizioni necessarie per attuare una vera mobilità". Obiettivo che può essere portato a termine solo con il lavoro comune delle università europee, Bologna compresa. "Bologna è consapevole di avere una grande responsabilità in tutto questo: abbiamo legato il nostro nome a un processo ambizioso, e tutti sappiamo che ogni processo comporta trasformazioni, evolutioni, continui cambiamenti". Occorre allora moltiplicare gli sforzi per una ancora maggiore collaborazione tra le università e maggiore dialogo tra docenti, studenti e tutte le parti della società. "Il mondo sta cambiando velocemente e il Sistema europeo dell'istruzione superiore ha fatto un grande sforzo per permettere alle istituzioni di coordinare questa trasformazione. Ma possiamo fare ancora di più".

Il bilancio della strada finora percorsa, a dieci anni dall'avvio del Processo di Bologna, è comunque positivo. "C'è stato un progresso significativo ed evidente", ha detto il presidente onorario dell'Osservatorio della Magna Charta Fabio Roversi Monaco. "La dimensione europea dell'istruzione superiore è ormai diventata realtà. Occorre ora lavorare per garantire eque possibilità di accesso, promuovere l'avvicinamento al mondo del lavoro, migliorare il mondo della ricerca e la mobilità". Idee condivise anche dalla Conferenza dei rettori italiani, attraverso le parole di Stefania Giannini, rettore dell'Università per Stranieri di Perugia: "Occorre costruire una dimensione sociale europea basata su istruzione e accesso alla formazione. E occorre potenziare la mobilità perché si rafforzi il libero scambio e circolazione dei pensieri in ambito continentale". Una sfida necessaria e da portare a termine, anche perché "nel Dna dell'Unione Europea ci sono tutti gli elementi necessari per affrontarla".

Riflessione quest'ultima che si collega direttamente agli argomenti illustrati da Sergio Romano nel suo intervento. "L'Europa - ha spiegato l'ex ambasciatore - non ha vere frontiere naturali, e questa è la sua prima ricchezza. Le prime grandi rivoluzioni dell'umanità, dalla ruota alla religione, sono arrivate in Europa da altri continenti. Per secoli l'Europa ha preso dall'Asia tutto ciò che gli poteva servire". E l'evoluzione storica dall'impero romano ad oggi, con il suo continuo passaggio di popoli e culture diverse, ha creato una moltiplicità di caratteristiche che sono proprie del nostro continente. Da qui la domanda: "Se la grande potenzialità dell'Europa sta nella molteplicità delle sue culture storiche, come si può chiedere un'unità culturale europea?" Certo, nel processo di unificazione europea non tutto è andato sempre per il meglio. "E' stato un errore allargare l'Unione Europea prima che si potessero consolidare e sedimentare le sue istituzioni". Ma la crisi dell'Europa è causata dalle sue stesse virtù. "L'Europa è in crisi perché sta facendo la cosa giusta: l'unità è la migliore risposta possibile alla globalizzazione. I vecchi stati sono ormai incapaci di stare al passo coi tempi". Se una cultura unica europea non è possibile e nemmeno auspicabile, quale sarà allora il compito delle università? "Le università - risponde Sergio Romano - devono creare le condizioni perché domani si parli un linguaggio comune europeo".