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Il deserto e la speranza

Autore: Francesco Campione

Editore: Armando Editore

Prezzo: 32 euro

Affrontare la scomparsa delle persone amate richiede la consapevolezza che la morte non è un valore negativo, ma una fase necessaria alla vita e al genere umano.

"Nella nostra cultura tende a prevalere un’impostazione del rapporto vita-morte nella quale i due termini sono posti in opposizione antinomica, come due poli, uno positivo, la vita, e uno negativo, la morte. Ne è derivata una lotta senza quartiere contro la morte, spesso identificata col male, lotta che è riuscita alla fine, nel presente in cui viviamo, a far sì che le nascite prevalgano sulle morti."

Così Francesco Campione inizia il suo libro "Il deserto e la speranza: psicologia e psicoterapia del lutto", che ha come scopo quello di analizzare il nostro rapporto con la morte, il legame tra lutto e amore, i sentimenti legati alla scomparsa e come questa può essere superata spontaneamente o con l’aiuto della psicoterapia.

Il primo problema da affrontare riguarda il come motivare il morente della propria stessa morte "cercando di morire per qualcuno, in funzione di qualcuno, dando alla sua morte un senso che riguardi gli altri che restano". In altre parole, si deve affiancare al sollievo medico della sofferenza del corpo, un corrispondente sollievo psicologico al senso di solitudine che chi muore si trova ad affrontare.

Il senso di solitudine si trasferisce poi a chi gli sopravvive. La persona che vive il lutto si ritrova quasi inevitabilmente a farsi domande sul senso della vita e cerca una soluzione tra tre interpretazioni: la via della tomba (in cui ognuno rimane vivo nella memoria dei sopravvissuti per tutta la storia dell’umanità), la via dell’energia vitale anonima (secondo la quale la vita è un’energia che passa da un corpo all’altro) e la via del trascendimento (la vita è solo vista come vita del genere umano a cui ogni individuo compartecipa anche con la propria morte).

Ma la teoria forse più interessante e quella maggiormente trattata è quella che relaziona il lutto con il rapporto d’amore che lega il vivo al morto e all’identificazione del primo con la persona perduta. D’altra parte si scatenano anche delle reazioni di attaccamento "relative allo squilibrio che la perdita comporta per l’ambiente sociale e al tentativo di superare questo squilibrio instaurando nuovi legami di attaccamento, tali da determinare il formarsi di un ambiente sociale nuovo".

L’ultima parte del libro, infine, considera alcune situazioni tipiche e analizza un caso particolare in cui il lutto ha assunto la forma di una patologia da curare tramite psicoterapia. Attraverso il resoconto delle sedute con la paziente siamo portati a ricostruire le osservazioni dell’autore, sempre centrate sull’affetto e sulle relazioni. Francesco Campione termina, infatti, così: "Se i nostri genitori, e i nostri cari morti in genere, ci hanno amati disinteressatamente, cioè non solo perché soddisfacevano i loro bisogni ma anche perché desideravano soddisfare i nostri, saranno morti pensando a noi oltre che a loro stessi e lasciandoci il messaggio che si può continuare ad amare all’infinito nonostante il fatto che non si vive all’infinito, lasciando a chi resta il compito di continuare ad amare senza smettere di amarli".