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Copertina del libro Aspre e calde montagne, dolci e fredde pianure

Pietro Sergi

Autore: Pietro Sergi

Editore: La Mandragora

Prezzo: 10 euro

Un calabrese trasferito a Imola ricorda il piccolo mondo antico della sua infanzia. Tante storie su una società che non esiste più e una riflessione sull’impossibile equilibrio tra la nostalgia del passato e l’inquietudine per il futuro.

Natile Vecchio. Siamo in Calabria, alle pendici dell’Aspromonte. 600 anime, poco più, con gli animali che invocano ancora la precedenza sulle macchine. Le auto erano in tutto tre alla fine degli anni Sessanta. Sono solo qualcuna in più oggi. A Natile Vecchio i pastori giocavano a pallone come il piccolo Pelè: con un pallone di stoffa. A Natile Vecchio, la costruzione di una dimora era un evento collettivo. A Natile Vecchio, l’unico collegamento con la modernità era il Professore: era il modello di come si poteva diventare, ma restava comunque uno del posto.

Da Natile Vecchio partono i racconti che Pietro Sergi, tecnico amministrativo dell’Università di Bologna, ha raccolto in Aspre e calde montagne – dolci e fredde pianure (Edizioni La Mandragora). Le storie di Sergi sono frammenti di un piccolo mondo antico, a cui l’autore è ancora legato, ma contraddittoriamente, perché non c’è solo nostalgia per la terra natia, ma anche amore per la nuova casa del nord, a Imola. Lì dove l’autore arrivò con tutta la famiglia per dare ai figli la possibilità di studiare. Analizzò bene la situazione per giorni, ma alla fine dominò la fretta. Affittò la casa, ma non memorizzò bene la sua posizione: "Arrivammo a Imola – scrive e non ricordavo più nemmeno dove l’appartamento che avevo affittato si trovasse. E’ bello arrivare a casa propria chiedendo ai passanti dove si trova...".

Combattuto tra due mondi, senza possibilità di decretarne uno vincitore, Sergi colleziona brevi ritratti del suo piccolo mondo antico. Le donne, le case, i lavori pubblici e i personaggi più importanti della sua infanzia. Il nonno, per esempio. "Mi ricordo le vacche di nonno Giuseppe, unico comunista della zona", scrive Sergi. "Truce, incazzoso come pochi, ma anche capace di perdonare ed emozionarsi davanti a poco, per esempio davanti alla morte dei pulcini appena nati, oppure per la morte del suo unico cane, Stalin".

"Sicuramente – scrive Pasquale a all’autore nell’introduzione – hai il merito di aver dipinto degli squarci di vita reale in cui ognuno di noi diventa attore, un po’ a cavalcioni tra il cavallo e il treno, rivivendo colori, suoni e profumi della nostra terra".

Pietro Sergi, nato a Natile Vecchio in provincia di Reggio Calabria il 19 giugno del 1965, vive a Imola dal 200 e da lì si reca al lavoro all’Università di Bologna.