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Università: il pensiero del Rettore

Le difficoltà economiche, i pericoli per la ricerca e i successi spesso ignorati dai detrattori: Pier Ugo Calzolari, Rettore dell’Alma Mater, fa il punto sull’attuale stato dell’Università italiana.
Pier Ugo Calzolari L’Università italiana sta attraversando una fase turbolenta. Tra Rettori che paventano le dimissioni e Presidi di Facoltà che minacciano la sospensione della didattica, il dibattito in materia di finanziamento dell’Istruzione Superiore prosegue sempre più caldo attorno a temi come l’esiguità del Fondo di Finanziamento Ordinario e le sperequazioni del Fondo di Riequilibrio. Tra le tesi opposte che quotidianamente si susseguono è difficile comprendere appieno le ragioni del contendere.

Rettore, qual è il nodo economico alla base della controversia?
I dati della Commissione Europea al proposito sono chiari: le risorse finanziarie di cui l’Università italiana dispone sono circa la metà della media europea. Bologna, poi, è da anni sotto finanziata rispetto ai limiti fissati dalla legge e nell’ultimo decennio ha dovuto rinunciare a una cifra pari a 400 milioni di Euro. Il perdurare di questa situazione è inammissibile.

Si teme in particolare che il dissesto economico possa danneggiare l’attività di ricerca?
A livello assoluto le stime sono già allarmanti: l’Italia infatti devolve all’innovazione tecnico-scientifica solo l’1% del P.I.L., collocandosi addirittura dietro alla Grecia. Un dato sconfortante, perché, se si passa ad analizzare il rapporto tra volume di investimenti e qualità della ricerca prodotta, il nostro paese, grazie all’operato delle Università, del CNR e degli altri laboratori pubblici, balza invece ai vertici europei del settore, scalzando colossi come Francia e Germania. Un’inversione di tendenza, che premi le potenzialità dei nostri giovani, quindi, non è più procrastinabile.

Il blocco delle assunzioni sembra però andare nella direzione opposta?
In modo inaccettabile, tanto che noi a Bologna, circa due settimane fa, quando la finanziaria non lasciava ancora intravedere alcuna concessione da parte del Governo, abbiamo deciso di trattenere i nostri ricercatori con contratti speciali, che attribuiranno ai beneficiari le stesse remunerazioni che avrebbero conseguito con le assunzioni regolari.
Il nostro è stato un atto di responsabilità verso le generazioni future, che rischiano seriamente di trovarsi senza docenti per il pensionamento, tra il 2007 e il 2012, del 35% di quelli attualmente operanti; e una dimostrazione del fatto che i fondi per i nuovi stipendi ci sono già, senza alcun onere aggiuntivo per l’erario dello Stato.

Lei parla di ricerca di qualità e di autonomia economica: continuano però a essere molti i detrattori delle università “cattedrificio”.
Il nostro non è certo un mondo di arcangeli. Questo però non può far ignorare i traguardi recentemente raggiunti: l’85% dei laureati di Bologna trova un impiego stabile entro due anni dal conseguimento della Laurea e, grazie alla riforma degli ordinamenti, il numero dei fuori corso è stato ovunque drasticamente ridotto.

Una sfida agli scettici?
Direi piuttosto un segnale della competitività dei nostri Atenei: noi Rettori crediamo nell’Università italiana ed è per questo che non abbiamo paura di condizionare l’invocato aumento delle risorse all’istituzione di nuovi organi di valutazione.