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I nuovi colori di Pompei ed Ercolano

In occasione dei dieci anni dall'avvio del progetto "Vesuviana", il Dipartimento di Archeologia organizza un convegno internazionale per presentare i risultati raggiunti e pensare al futuro. E tra i tanti argomenti trattati anche una recente scoperta: molti dei colori delle decorazioni ad Ercolano e Pompei erano completamente diversi da come oggi ci appaiono
Studiosi al lavoro ad Ercolano

Ha compiuto nel 2007 dieci anni di attività "Vesuviana", il programma-quadro attraverso cui l'Università di Bologna ha intrapreso lo studio dei siti archeologici vesuviani, affiancando all'attività di ricerca ed alla didattica, un'approccio interdisciplinare attento sia alla tutela dell'evidenza materiale, sia alla comunicazione dei dati e delle conoscenze.

Per fare il punto su questi dieci anni di studio e ricerca sui siti archeologici di Pompei ed Ercolano, il Dipartimento di Archeologia dell'Alma Mater, in collaborazione con il Museo Civico Archeologico, con l'ufficio Nuove Istituzioni Museali del settore Cultura del Comune di Bologna e con il CINECA, organizza, tra lunedì 14 e mercoledì 16 gennaio, il convegno internazionale "Vesuviana - Archeologie a confronto". Il convegno, che si aprirà nell'Aula Prodi del Plesso di San Giovanni in Monte, per poi spostarsi nel Teatro Virtuale del CINECA (Casalecchio di Reno) ed essere ospitato, nelle ultime due giornate, presso il Museo Civico Archeologico, coinvolgerà ricercatori in arrivo da numerose università italiane (Bologna, Parma, Modena e Reggio Emilia, Venezia, Bari, del Salento, Roma La Sapienza, Napoli), così come da diversi paesi stranieri (Spagna, Olanda, Slovenia, Stati Uniti).

L'appuntamento bolognese sarà occasione per valutare i risultati raggiunti ed immaginare i possibili sviluppi per il futuro. Tra i tanti temi trattati, uno spazio particolare sarà dedicato alle recenti scoperte riguardanti i colori che venivano impiegati nelle città vesuviane. "Le città vesuviane, con le case dipinte a colori vivacissimi fino all’ultimo centimetro quadrato di pareti, - spiega l’archeologa Daniela Scagliarini - hanno avuto un ruolo decisivo nel farci sapere che il mondo classico non era affatto bianco ma immerso nel colore. Ora, nuove metodologie di indagini fisiche e chimiche ci sorprendono facendoci sapere che non pochi di quei colori erano completamente diversi da come ci appaiono".

Le città sepolte dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., infatti, hanno attraversato i secoli e i millenni in uno straordinario stato di conservazione, ma i recenti studi portati avanti da "Vesuviana" hanno permesso di evidenziare come i colori che possiamo vedere oggi nelle numerosissime decorazioni non sempre corrispondono a quelli originali. "E' stato soprattutto l'enorme calore dell'eruzione del Vesuvio - continua Daniela Scagliarini - a provocare radicali viraggi di colori: tra le tessere di vetro che rivestono splendide fontane a mosaico, quelle verdi erano originariamente rosse; negli affreschi, il giallo cromo a contatto col calore ha virato a rosso, tanto che su alcune pareti di Ercolano si può seguire il percorso delle 'nubi ardenti', che hanno investito la città; lo smagliante e costoso rosso cinabro è divenuto nero".

L'avvio delle attività dell'Università di Bologna sui siti vesuviani, nel 1997, primo esempio di convenzione realizzata fra la Soprintendenza archeologica di Pompei ed un ateneo, è rappresentato dal Progetto "Pompei – Insula del Centenario (IX 8)": un'attività che non solo si proponeva di documentare, studiare e valorizzare un intero isolato dell'antica Pompei, ma trasformava quello stesso isolato in un vero e proprio cantiere scuola-laboratorio. Punti di forza del progetto erano il suo approccio sperimentale e la forte interdisciplinarità, che oltre agli archeologi vedeva coinvolti, di volta in volta, geologi e geologi, topografi e strutturisti, chimici e fisici, esperti in ICT e restauratori.

Tra le collaborazioni più fertili di stimoli e feconde di risultati vanno segnalate in particolare quelle con  il Dipartimento di Ingegneria delle Strutture, dei Trasporti, delle Acque, del Rilevamento del Territorio (DISTART), con il Dipartimento di Elettronica, Informatica e Sistemistica (DEIS) e con il Centro di Ricerca sui Sistemi Elettronici per l'Ingegneria dell'Informazione e delle Telecomunicazioni (ARCES) dell'Università di Bologna. Inoltre, a partire dal 2000, si è attivata una collaborazione con il CINECA di Casalecchio di Reno, che ha permesso di avviare nuove strategie di indagine scientifica, focalizzate sulle potenzialità conoscitive e comunicative delle applicazioni di Virtual Reality.

Il modello pompeiano è stato poi esteso nel 2005 anche all'insediamento di Ercolano. Il nuovo progetto, chiamato "DHER (Domus Herculanensis Rationes. Dal Rilievo archeologico alla Cultura dell’abitare)", prosegue nell'approccio interdisciplinare e sviluppa il proprio focus in tre linee di ricerca: la documentalistica (ovvero lo scavo extra situm, non sul terreno, ma in archivio e in deposito), l'archeometria, dei materiali e del costruito, in stretta collaborazione con il DISTART e con il gruppo di chimici, specialisti di chimica dei beni culturali, che fa capo al Dipartimento di Chimica dell'Università di Bari, e l'archeografia, sempre più orientata, in sinergia con il CINECA ed in particolare con il suo Vis.I.T. Lab, alla sperimentazione di soluzioni innovative nella gestione e presentazione dei dati.

La giornata conclusiva del Convegno, mercoledì 16 gennaio, vedrà alle ore 12,30 la presentazione al pubblico del volume "Progetto Pompei – Insula del Centenario (IX 8) I. Indagini Diagnostiche Geofisiche e Analisi Archeometriche nell’Insula del Centenario", curato da Sara Santoro. Il volume, che apre la collana dedicata ai risultati di sette anni di ricerche nel grande complesso pompeiano, condotte da diverse èquipe coordinate dall'Università di Bologna, è interamente dedicato alle indagini archeometriche realizzate nell'Insula del Centenario contestualmente con quelle archeologiche.

Un altro volume sarà presentato poi a fine giornata (ore 18): al Museo Civico Archeologico, Eric Moormann, della Radboud University Nijmegen, Paesi Bassi, e Antonella Coralini, dell’Università di Bologna, presentano il libro di J. R. Clarke "Looking at laughter. Humor, power, and transgression in Roman visual culture, 100 b.c - a.d. 250". Attraverso l’esame di un ricco e variegato corpus di immagini, il libro diJ.R. Clarke cerca di rispondere alla domanda: "Che cosa divertiva i Romani?" Spaziando dalla cruda oscenità fino allla più sofisticata eleganza, dal ridicolo al serioso, dall’umorismo da strada alle pitture erudite di parodia dell’imperatore, "Looking at laughter" fornisce un contributo prezioso alla conoscenza del mondo antico.