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I nostri motori di ricerca: intervista con Giovanni Zaccaroni

5 PER MILLE UNIBO / Ha 26 anni e sta facendo un dottorato in Diritto dell’Unione Europea. Giovanni si occupa di legislazione antidiscriminatoria nell'UE, e di come si possono tutelare maggiormente i diritti dei soggetti più deboli

Ciao Giovanni, di cosa ti occupi?
Mi occupo di legislazione antidiscriminatoria nell’Unione Europea, e di come attraverso questa legislazione si possono tutelare maggiormente i soggetti deboli (ad esempio le donne, i disabili, le persone omosessuali ed i credenti delle diverse religioni). Pochi sanno che l’Unione Europea è stata la prima organizzazione internazionale a introdurre una legislazione completa in questa materia. L’Europa, per esempio, ha fatto tantissimo per i diritti delle donne: ha introdotto il divieto di licenziamenti in bianco e l’obbligo di maternità, e da poco il congedo di paternità. L’obiettivo finale della mia ricerca è in realtà ancora più ambizioso: definire il principio di uguaglianza come principio costituzionale europeo. Ogni stato ha una sua definizione di che cosa sia l’uguaglianza e che cosa la discriminazione. Il tentativo dell’Europa è quello di armonizzare le diverse visioni, offrire una tutela trasversale. Per questo, anche se il progetto di costituzione europea è fallito, credo che esista una costituzione europea non scritta, di cui fanno parte i trattati, certamente, ma anche il principio di uguaglianza. In un momento storico come questo, in cui in molte persone si è smarrita la consapevolezza della propria appartenenza europea, questa è una delle sfide più appassionanti cui un giovane della mia età può essere messo di fronte.

Quando hai deciso di fare ricerca?
Durante l’ultimo anno di università, mentre seguivo un master a Londra (grazie ad un accordo bilaterale unico in Italia), ho capito che mi interessava approfondire lo studio dell’Europa. Ma mi interessava farlo con un livello di profondità che è possibile solo nell’ambiente accademico, che è forse l’unico rimasto nel nostro paese (e nel mio settore, quello giuridico) in cui si scommette sui giovani. Chiaramente, tutto è migliorabile, ma è giusto valorizzare ciò che di buono si ha di fronte.

Cosa ti appassiona di quello che studi?
Molto, quasi tutto. Sono una persona curiosa per natura, per cui il mio problema è fare una selezione delle cose veramente importanti. Se devo dire la verità, ho un debole particolare per quelle situazioni in cui entrano in contatto due esigenze dello stesso livello: un esempio per tutti è l’obiezione di coscienza (non solo in ambito medico). Come risolvere queste situazioni di scontro fra diritti? E’ molto difficile dare una risposta, perché bisogna partire innanzitutto dallo studio della realtà, e non è detto che si possa trovare una regola per risolvere tutti i casi allo stesso modo. Proprio per questo serve la ricerca, lo studio e l’analisi delle eventuali discriminazioni che si generano in queste situazioni.

Cosa pensi prima di andare a dormire la sera?
A come avrei potuto fare meglio tutto quello che ho fatto. E c’è sempre la possibilità che questo accada.

E quando ti svegli al mattino?
Alle cose che mi aspettano durante la giornata, e ad organizzarle nel migliore dei modi. Nel mio ambito si viaggia molto (in due anni di dottorato sono stato per ricerca o conferenze in Olanda, Belgio, Svizzera, Francia, Regno Unito e Stati Uniti), per cui bisogna sempre tentare di dare il massimo nel tempo che si ha a disposizione. Che di solito non è molto, rispetto agli impegni da rincorrere.

Quale scoperta/invenzione pensi possa rivoluzionare il tuo ambito di ricerca nei prossimi cinque anni?
La vera rivoluzione sarebbe completare l’Unione Europea, andare oltre la risposta alla crisi economica, e renderla una vera unione politica. Ma temo non basteranno cinque anni.

Una cosa che hai imparato facendo ricerca.
Il valore dell’eccellenza. Quello che ci distingue dagli altri, dai nostri concorrenti (le altre università nel mondo) non è fare le cose bene, ma tendere a migliorarsi ogni giorno. Io aspiro a questo, per quanto non semplice da realizzare. Ma è l’unica possibilità per uscire dallo stallo del mondo accademico, in cui domina la mediocrità.

Sei un ricercatore "da adottare". Cosa vorresti dire ai tuoi sostenitori?
Che vale la pena scommettere sui giovani che hanno voglia di impegnarsi a questi livelli. E che se non lo faranno loro, altri scommetteranno su di noi, magari in altri paesi del mondo. La valigia, dopotutto, è sempre pronta.