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Le novità sul presunto "Diario postumo" di Eugenio Montale

Presentati nel corso di un convegno in Archiginnasio i risultati del lavoro sulla raccolta postuma effettuata da un team di ricerca dell'Università di Bologna

Continua a far discutere il caso del cosiddetto "Diario postumo", la raccolta di 84 liriche attribuita a Eugenio Montale, dedicata alla Musa Annalisa Cima (proprietaria degli autografi) ed edita da Mondadori nel 1996: una raccolta che un team di ricerca dell’Alma Mater ha analizzato e denunciato come opera in gran parte o totalmente falsa, come aveva già ritenuto, nel 1997, il grande filologo Dante Isella.

I risultati delle ricerche, già anticipati a luglio dal “Corriere della Sera” e ora affidati al volume di Federico Condello, "I filologi e gli angeli. È di Eugenio Montale il 'Diario postumo'?" (Bononia University Press), sono stati discussi durante un intenso Convegno all’Archiginnasio, l’11 novembre scorso, non a caso data di nascita di Isella: un’occasione pubblica di dibattito che il “Corriere della Sera” ha definito «una pietra tombale» sul Diario postumo. Al Convegno hanno preso la parola alcuni fra i maggiori esperti dell’opera di Montale, di fronte a una platea affollatissima che ha assistito non senza suspence allo svilupparsi di un vero e proprio “giallo filologico”.

Importanti le novità emerse. Maria Antonietta Grignani, direttrice del Fondo Manoscritti di Pavia (la più grande raccolta di autografi letterari contemporanei, fra cui spiccano quelli di Montale), è stata nettissima: i manoscritti del Diario postumo vanno attribuiti a più di una mano, e nessuna risulta quella del poeta genovese. “Siamo di fronte a dei falsi in senso grafico e probabilmente di disegno complessivo, ma a un pasticcio tra lapilli veri e costruzioni a posteriori. Il libro non è l’ottava raccolta e va comunque escluso dal canone dell’opera poetica di Montale”. Manoscritti falsi, dunque, prodotti per suffragare eventuali frammenti di conversazione colti da una Musa che – testimonia lei stessa – visitava Montale sempre munita di registratore.

Su questo punto hanno convenuto tutti i relatori, specie dopo i contributi dell’avvocato Susanna Matteuzzi, consulente grafologo del Tribunale di Bologna, e del neurologo Giuseppe Plazzi (Bologna): abissale la differenza fra la “micrografia” parkinsoniana del Montale autentico e gli autografi del Diario postumo che dovrebbero risalire allo stesso periodo. Diverse – ha sottolineato la Matteuzzi – le firme. Anche al di là dell’aspetto grafologico, è stato lo stile del Diario postumo a suscitare analisi agguerrite: Alberto Casadei (Pisa), Francesca Koban (Padova), Pasquale Stoppelli (Roma) e Niccolò Scaffai (Lausanne) hanno sottolineato peculiarità lessicali ed espressive inconciliabili con il Montale noto, mentre Luca Zuliani (Padova) ha computato gli usi metrici del "Diario postumo" rispetto alle raccolte coeve: ne risultano dati così difformi da impressionare. Naturalmente la possibilità che qualche parte del "Diario postumo" sia autentica, o almeno proveniente dalla voce registrata di Montale (come ha ribadito Paola Italia, Roma), non può essere esclusa. Ma è il massimo che si possa concedere, secondo tutti gli esperti convenuti a Bologna. Unica eccezione, Alberto Bertoni, secondo cui il "Diario postumo" potrebbe essere una beffa organizzata da Montale.

Anche la casa editrice Mondadori era presente, e dal pubblico è intervenuto il suo Direttore editoriale, Antonio Riccardi, che ha francamente riconosciuto la scarsa presenza di materiale montaliano nel Diario postumo, e ha letto a sorpresa alcune lettere inedite di Rosanna Bettarini, che curò l’edizione critica della raccolta: anche la filologa mostrava di esitare, e suggeriva di uscire sotto Natale, quando in pochi si sarebbero accorti della pubblicazione.

Nel finale, Federico Condello ha riservato una sorpresa: un confronto fra un presunto autografo di Palazzeschi pubblicato da Annalisa Cima nel 2009, e le grafie del Diario postumo (ma anche dei 24 testamenti che Montale avrebbe scritto a favore della Cima). Come volevasi dimostrare, la grafia del presunto Palazzeschi somiglia ben poco a quella del Palazzeschi autentico, ma si sovrappone in maniera evidente a quella del presunto Montale postumo. Tiziana de Rogatis (Perugia) si è chiesta “come abbiamo fatto a crederci per tanti anni”, mentre Renzo Cremante, già Direttore del Fondo Manoscritti di Pavia, ha ricordato che quasi sempre i falsi nascono dal concorso di più autori.

Negli scorsi giorni, su “La Stampa” del 19 novembre, Annalisa Cima è finalmente intervenuta riaffermando l’autenticità del Diario postumo. “Un passo falso”, dice Federico Condello, che ha replicato il 23 novembre sulla stessa “Stampa”: “non una risposta concreta a dati concreti, ma uno spiritoso monologo che potremmo ignorare se non contenesse, da una parte, sgradevoli diffamazioni a danni di vivi e di morti, e dall’altra spaventose contraddizioni, che rendono l’intervento pressoché autolesionistico. Un’occasione persa. Ma speriamo in interventi più solidi, anche se i difensori del Diario postumo sembrano essersi all’improvviso dileguati”.

Intanto, il Sistema Bibliotecario Nazionale si accinge a depennare il "Diario postumo" dalle opere di Montale. In attesa di altri confronti e di altri dibattiti, che certo non mancheranno.