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Ecco Leap, la nuova pompa molecolare made in Italy

È il primo motore molecolare autoassemblante che può convertire in modo continuo ed automatico l’energia luminosa in lavoro

Le dimensioni sono nanometriche (milionesimi di millimetro) ed è in grado di pompare molecole sfruttando l’energia della luce. Si tratta di un sistema estremamente semplice e dunque adattabile a diverse necessità, il cui funzionamento è molto simile a quello dei motori biologici che regolano il trasporto di sostanze all’interno delle cellule o la contrazione dei muscoli. È l’unica macchina molecolare automatica ed autoassemblante sviluppata in laboratorio: si costruisce da sola e, se esposta alla luce del Sole, funziona in maniera autonoma senza bisogno dell’intervento umano.

A progettarla, realizzarla ed infine collaudarla - riferisce un articolo pubblicato oggi dalla prestigiosa rivista scientifica Nature Nanotechnology - un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Chimica “G. Ciamician” dell’Università di Bologna, coordinato da Alberto Credi e composto da Giulio Ragazzon, Massimo Baroncini, Serena Silvi e Margherita Venturi.

Il nuovo sistema Leap (Light energy automatic pump) sviluppato dal team bolognese è in grado di convertire in modo continuo ed automatico l’energia luminosa di una fonte costante (come il Sole) in lavoro meccanico ed è il primo esempio di pompa molecolare artificiale azionata dalla luce.

Le altre macchine molecolari artificiali realizzate fino ad ora hanno strutture molto sofisticate, non sono capaci di sfruttare la loro fonte energetica in modo continuo ed autonomo, e non possono compiere lavoro. Con Leap (che in inglese significa “balzo”) questi limiti sono stati superati. Una volta accesa la luce il dispositivo funziona senza bisogno di altri interventi esterni, così come un motore a scoppio gira autonomamente finché gli si fornisce il carburante. A differenza di quest’ultimo, però, Leap utilizza un’energia rinnovabile (la luce) e non genera prodotti di scarto. Il prossimo obiettivo del gruppo di ricerca è inserire il nanomotore in una membrana che separa due comparti e studiarne l’effettiva capacità di “pompare” molecole da un comparto all’altro sotto l’azione della luce.


Lo sviluppo di nanomotori artificiali è di grande importanza sia per capire meglio il funzionamento dei nanomotori biologici, sia per costruire dispositivi ultraminiaturizzati di nuova generazione capaci, ad esempio, di intervenire in maniera attiva sui meccanismi cellulari. Sistemi del genere potrebbero essere in grado, in futuro, di curare malattie prevenendo o riparando danni biologici. Inoltre, la realizzazione di un congegno nanometrico capace di utilizzare la luce per trasportare molecole è il primo passo verso lo sviluppo di metodologie di nuova concezione per la conversione dell’energia solare in energia chimica. Come è noto, tale conversione è di importanza cruciale per lo sfruttamento dell’energia solare in molti settori tecnologici.

Il motore
Il motore molecolare è costituito da due componenti a forma di anello e di filo. Sfruttando i metodi della chimica supramolecolare, i ricercatori hanno fatto in modo che il filo e l’anello si infilassero l’uno nell’altro in modo veloce ed efficiente: un risultato già di per sé stupefacente, dato che l’anello ha un diametro di soli 0,7 nanometri. Inoltre, tale movimento avviene secondo una direzione precisa: l’anello scorre sul filo soltanto attraverso il componente detto azobenzene (in verde nella figura). L’arrivo di un fotone di luce provoca un profondo cambiamento strutturale nell’azobenzene: la nuova forma (in rosso nella figura) non soltanto blocca il movimento dell’anello in senso contrario, ma lo spinge fino a farlo uscire dall’altra estremità del filo. Un altro fotone di luce rigenera la forma iniziale dell’azobenzene (in verde), mettendo il sistema in condizioni di ripetere il ciclo. Nel complesso, per azione della luce, le molecole ad anello vengono sospinte in modo ripetitivo lungo il filo molecolare in una precisa direzione per una distanza di circa 1,7 nanometri. Nelle condizioni utilizzate negli esperimenti, a temperatura ambiente in un volume di 1 millilitro, il sistema pompa all’incirca 20 miliardi di anelli molecolari al secondo.

Il progetto
Leap è il risultato di un progetto nato circa quattro anni fa, che si inserisce in una linea di ricerca avviata dal Laboratorio di nanoscienze fotochimiche da molti anni, nella quale è all’avanguardia in campo internazionale. In passato il gruppo aveva già attirato l’attenzione dell’opinione pubblica sviluppando il prototipo di un ascensore nanometrico (pubblicato su Science nel 2004) e di una prolunga elettrica molecolare (pubblicata su Pnas nel 2006).

Il concetto fondamentale a cui si ispira questa ricerca è l’estensione a livello molecolare, cioè nanometrico, dei concetti di “dispositivo” e di “macchina”, che ci sono così familiari nella vita di tutti i giorni. Nel compiere queste ricerche i chimici operano alla stregua degli ingegneri (progettazione di componenti e loro assemblaggio per ottenere dispositivi e macchine), manipolando però sistemi un miliardo di volte più piccoli, dal momento che i loro pezzi di partenza sono le molecole (ingegneria molecolare).

La realizzazione di macchine e motori artificiali di dimensioni nanometriche è infatti di grande interesse per lo sviluppo della nanotecnologia, cioè di una tecnologia che permette di costruire strutture e congegni ultraminiaturizzati. Molti ritengono che la nanotecnologia porterà non solo a materiali più leggeri e più resistenti e a computer più piccoli e più potenti, ma rivoluzionerà anche la medicina e altri settori della scienza e della tecnologia.