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Classici in Aula Magna: Massimo Recalcati e l'Edipo re di Archivio Zeta

Si intitola "Tyche. Del conoscere" e sarà tutta incentrata sul celebre dramma di Sofocle la serata inaugurale della quattordicesima edizione del ciclo di letture e lezioni classiche promosso dal Centro Studi "La permanenza del Classico" dell'Università di Bologna

Parte questo giovedì, 7 maggio, la quattordicesima edizione del ciclo di letture e lezioni classiche promosso dal Centro Studi "La permanenza del Classico" dell'Università di Bologna. Il ciclo di quest’anno s’intitola "Homo sum": la parola più semplice e più disarmata, la parola più forte e più profonda che possiamo pronunciare. Gli incontri avranno luogo, come d’abitudine, ogni giovedì di maggio (7, 14, 21, 28 maggio), alle 21, nell’Aula Magna di Santa Lucia e nella contigua Aula Absidale videocollegata. Tutte le serate saranno anche trasmesse in diretta streaming, visibili sul sito web del Centro Studi.

Tema della prima serata sarà "Tyche. Del conoscere", che vedrà la messinscena del più enigmatico e conturbante dramma dell’antichità, l’"Edipo re" di Sofocle, realizzata e diretta da una delle più vivaci compagnie del teatro contemporaneo, Archivio Zeta - Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni, con il commento di un maestro indiscusso della psicoanalisi, Massimo Recalcati. Per l’occasione, l’Aula Magna di Santa Lucia diventerà teatro di suoni e di voci, con le musiche di Patrizio Barontini e la regia sonora dell’équipe internazionale Tempo Reale.

Perché l'"Edipo re"
L’"Edipo" re è il "re" di tutti i drammi: così si è espresso un antico erudito, e così hanno pensato in tanti, dall’Aristotele che nella Poetica elegge l’Edipo a esempio di trama perfetta, fino a Freud, che al rintoccare del Novecento ne ha fatto la trama stessa della nostra psiche. Eppure, quando Sofocle presentò il suo Edipo al pubblico di Atene, la tragedia non piacque e uscì sconfitta dal concorso teatrale. La storia di Edipo è quella di un “re democratico” sospeso fra amore del proprio popolo e rischio dell’assolutismo, della tyrannis; un “re democratico” che è re finché ignora i propri legami con il genos, la “famiglia” regnante di Tebe, e che cessa d’essere re proprio quando i suoi diritti di erede vengono alla luce, insieme ai suoi involontari ma abominevoli delitti, parricidio e incesto.

Nell’Edipo re, in effetti, si è riconosciuta una vicenda folclorica diffusissima: quella del principe-trovatello dalle origini misteriose, che torna nel regno dal quale un antagonista regale (maschio e più vecchio) l’ha scacciato bambino; superate le doverose prove eroiche, e ucciso l’antagonista, egli conquista la mano di una regina o principessa, per essere infine solennemente riconosciuto: l’oscuro eroe altri non è che il legittimo erede al trono, e con la neo-sposa egli conquista anche il regno.

È facile vedere come Sofocle abbia ribaltato il senso della favoletta, trasformandola in quella che Schiller definì una "analisi tragica", perché l’unica storia a cui noi assistiamo è la ricostruzione di una storia passata e dimenticata. Nella inarrestabile consequenzialità di tale storia, un eroe ignoto a sé e agli altri regna – e regna bene - solo finché il genos non torna a imprigionarlo nelle maglie di reticoli parentali moltiplicati (madri-mogli, figli-fratelli e figlie-sorelle: una sorta di super-genos). Per questo, all’inizio del dramma, un sovrano amato e benevolo esce dal palazzo di famiglia per incontrare il suo popolo; nel finale, egli è fatto prigioniero di quello stesso palazzo, e invoca vanamente l’esilio.

È questa, in filigrana, la storia di un progetto politico culturale che tentò di far convivere familismo aristocratico e democrazia? Religione tradizionale e nuove, rivoluzionarie forme di razionalità, dalla scienza medica alla cosiddetta “sofistica”? Riconoscimento della tyche – del “caso” – come ineliminabile fattore storico, e controllo razionale degli eventi? Per noi, oggi, dopo secoli di riscritture e riletture, l’Edipo re è vicenda più individuale che politica: è – complice Freud – una storia da teatro interiore, che narra del nostro più profondo “essere (o divenire) uomini”, della nostra incapacità di conoscere, della nostra sottomissione alla Tyche. Ma questa storia – è bene non dimenticarlo – narra anche di politica, di comunità, di tyrannis e di demokratia: e forse, nel finale e solitario homo sum di Edipo, della politica esprime la più tragica nostalgia.

Modalità d'ingresso
L’ingresso alla serata è a inviti che potranno essere ritirati, fino ad esaurimento, il martedì precedente ciascuna rappresentazione, dalle ore 17 alle ore 19, nella sede del Centro Studi "La permanenza del Classico", in via Zamboni, 32, a Bologna.