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Evoluzione e masticazione: niente cibi duri per i nostri antenati

Da uno studio internazionale su un cranio fossile di Australopithecus sediba - tra i principali candidati nella ricerca dell'antenato del genere Homo - emerge che la morfologia dell'apparato masticatorio della specie poneva grossi limiti durante la masticazione


Niente gusci o cibi coriacei per l'Australopithecus sediba (e nemmeno per l'uomo). Da una ricerca internazionale appena pubblicata sulla rivista Nature Communications emerge che, mentre alcune specie di Australopithecus hanno fatto fronte ai cambiamenti ecologici avvenuti fra tre e due milioni di anni fa adattandosi a diete coriacee, altre hanno seguito una direzione completamente opposta. Tra queste, appunto, c'è anche l'Australopithecus sediba, una specie pre-umana che visse circa due milioni di anni fa in Sud Africa, che tra i principali candidati nella ricerca dell'antenato del genere Homo.

Al centro dello studio c'è il cranio fossile di Australopithecus sediba rinvenuto nel 2008 presso la grotta di Malapa, nella zona di Johannesburg, in Sud Africa. Gli studiosi hanno realizzato un modello digitale del reperto e ne hanno simulato la capacità di masticazione applicando una serie di metodi biomeccanici, simili a quelli comunemente utilizzati in campo ingegneristico per testare la resistenza alla rottura di costruzioni e macchinari come ponti, aeroplani, autovetture.

"Molte specie di Australopithecus presentavano sorprendenti adattamenti craniali, utili per processare cibi duri, ossia potevano sprigionare elevate forze durante la masticazione", spiega David Strait, antropologo presso la Washington University di St. Louis (USA) e responsabile della ricerca. "Tuttavia - continua Stefano Benazzi, paleoantropologo e ricercatore presso il Dipartimento di Beni Culturali dell'Università di Bologna (Campus di Ravenna) e co-autore dell’articolo - i nostri risultati indicano che la morfologia dell’apparato masticatorio di Australopithecus sediba poneva grossi limiti durante la masticazione, perché se avesse utilizzato tutta la potenza dei suoi muscoli masticatori, avrebbe rischiato la lussazione della mandibola".

Le australopitecine - ovvero le specie di Australopithecus - si ritrovano nel record fossile circa quattro milioni di anni fa e sebbene presentino alcuni tratti umani, come per esempio la capacità di camminare su due gambe, la maggior parte di loro non possiede altre caratteristiche tipiche dell'uomo, quali un grande cervello, faccia ortognata con riduzione della mandibola e dei denti, così come la capacità di utilizzare utensili.

I primi rappresentanti del genere Homo derivano quasi certamente da un’australopitecina e l'Australopithecus sediba è candidato per essere il diretto antenato. La ricerca pubblicata su Nature Communications non definisce il grado di parentela dell'Australopithecus sediba con il genere Homo, fornisce però importanti indicazioni sugli effetti che i cambiamenti della dieta hanno avuto per l'evoluzione del nostro genere.

"Anche l'uomo infatti - continua Stefano Benazzi - presenta grosse limitazioni nel generare elevate forze masticatorie, e probabilmente questo caratterizzava anche i primi rappresentanti di Homo, così come alcune australopitecine. Ciò significa che mentre alcune australopitecine si sono evolute per massimizzare la capacità di masticare in modo energico, altre, tra cui quelle che hanno dato origine al genere Homo, si sono evolute nella direzione opposta. In definitiva, vari fattori ecologici devono aver modificato il comportamento alimentare e la dieta delle australopitecine, rivestendo quindi un ruolo fondamentale nell'origine del genere Homo".