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DDO 68: una pulce di galassia, ma assai vorace (di altre galassie)

Anche una galassia nana di massa molto piccola è in grado di catturare galassie ancora più piccole che si trovino nelle sue vicinanze: la scoperta arriva da un team di ricerca internazionale a cui ha partecipato anche il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell'Alma Mater


Un team internazionale di ricercatori guidato da Francesca Annibali dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) ha dimostrato che anche una galassia nana di massa molto piccola è in grado di catturare galassie ancora più piccole che si trovino nelle sue vicinanze
. È quanto scoperto dai ricercatori grazie alle osservazioni del telescopio binoculare LBT (Large Binocular Telescope) attorno alla galassia nana DDO 68, che possiede una massa stellare totale di appena 100 milioni di masse solari, pari a un millesimo della Via Lattea, la nostra galassia.

I modelli teorici calcolati nell'ambito degli scenari di formazione gerarchica delle galassie prevedono che esse si formino per fusioni successive di sistemi più piccoli. Tuttavia, fino ad oggi la validità di queste previsioni era stata verificata con osservazioni dirette solo nel caso di galassie massicce e dei loro satelliti. Ora, invece, il team di Annibali ha sfruttato la sensibilità e l’ampio campo di vista del grande telescopio binoculare LBT per scoprire che la galassia nana DDO 68, apparentemente isolata (situata cioè in una zona definita “vuota”), ha un certo numero di satelliti ancora più piccoli di lei e che li sta cannibalizzando. Una pulce con delle pulci più piccole addosso, secondo l’immagine di Jonathan Swift (lo scrittore e poeta irlandese autore de I viaggi di Gulliver), che ha ispirato il titolo dell’articolo recentemente pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal Letters: "DDO 68: a flea with smaller fleas that prey on him".

DDO 68 è anche una delle tre galassie più povere di elementi chimici (i cosiddetti metalli) diversi da idrogeno ed elio fra tutte quelle che formano stelle oggi note. La forma assai irregolare di questo oggetto celeste, che mostra una lunga coda fatta di stelle e gas, aveva suggerito agli scienziati la presenza di fenomeni mareali legati a possibili interazioni gravitazionali della galassia con altri corpi. "Quando abbiamo analizzato le nostre immagini acquisite con l’Hubble Space Telescope - dice Francesca Annibali, assegnista in forza presso l’INAF - Osservatorio Astronomico di Bologna - abbiamo trovato una protuberanza molto strana. Abbiamo pensato che solo LBT, con i suoi due specchi principali di 8,4 metri di diametro, avrebbe avuto la potenza e il campo di vista sufficienti a rivelare l’eventuale presenza di stream, ovvero di satelliti in accrescimento stirati dalla forza di gravità, e abbiamo chiesto al direttore di LBT-Italia di accordarci tempo osservativo per la nostra ricerca. Tempo che ci è stato subito accordato e grazie al quale abbiamo potuto osservare DDO 68 in gennaio, durante notti molto buone. Le immagini ottenute hanno premiato questo investimento".

Le accurate immagini prodotte con LBT hanno permesso di osservare che, oltre alla lunga coda già nota, DDO 68 ha anche un’ altra stream in avvicinamento e alcuni altri grumi di stelle e gas, più distanti, che sono probabilmente suoi satelliti destinati ad essere anch’essi risucchiati. Stream e satelliti della galassia hanno probabilmente massa simile - circa centomila masse solari - o addirittura inferiore a quelle dei satelliti con bassa luminosità (Ultra Faint) della Via Lattea. "I colleghi Luca Ciotti e Carlo Nipoti del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna hanno realizzato modelli dinamici del sistema che riproducono benissimo la configurazione osservata della pulce con le pulcine", sottolinea Annibali. "È la prima evidenza di stream stellari intorno ad una galassia nana isolata di solo cento milioni di masse solari e la prova osservativa che i processi di formazione galattica gerarchica funzionano anche alle scale più piccole".

Le galassie nane con formazione stellare attiva sono molto interessanti per capire la genesi e l’evoluzione di tutte le galassie. Quelle particolarmente povere di metalli, come DDO 68, IZw18 e poche altre, lo sono ancora di più perché, pur avendo formato stelle da tantissimi miliardi di anni, non sono state capaci di trattenere gli elementi chimici prodotti dalla nucleosintesi stellare e li hanno probabilmente dispersi nell’ambiente circostante a causa di forti venti galattici generati dalle esplosioni di supernove, sfuggiti anche grazie alla blanda forza di attrazione gravitazionale delle galassie stesse. "Scoprire che un sistema incapace di trattenere il gas delle supernove è però in grado di attrarre e cannibalizzare galassie minori è estremamente interessante e richiede indagini specifiche di dinamica e idrodinamica che consentano di capire quali siano i principali meccanismi in gioco", aggiunge Monica Tosi, astronoma INAF che ha partecipato allo studio. "Il risultato su DDO 68 dimostra l’alto potenziale di scoperta per futuri progetti di ricerca di sottostrutture intorno a galassie nane isolate con strumentazione a grande campo su telescopi della classe degli 8-10 metri e l’importanza di combinare osservazioni profonde con studi teorici sull’evoluzione e la dinamica delle stelle e del gas delle galassie esaminate".

Allo studio, oltre Francesca Annibali e Monica Tosi, hanno partecipato i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica Michele Bellazzini e Felice Cusano (INAF-Osservatorio Astronomico di Bologna), Elena Sacchi (INAF-Osservatorio Astronomico di Bologna e Università di Bologna), Diego Paris (INAF-Osservatorio Astronomico di Roma). Michele Cignoni, in forza all’Università di Pisa, è associato INAF.