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Ricercatori e pazienti insieme per battere le malattie mitocondriali

Grazie al progetto MEET, coordinato dall'Università di Bologna, 11 studenti di dottorato e tre ricercatori post-doc hanno avuto la possibilità di creare una comunità europea di ricerca sulla medicina mitocondriale. Con risultati importanti nel campo delle analisi genetiche e delle procedure diagnostiche

Una nuova generazione di ricercatori specializzati nel campo delle malattie mitocondriali, non solo sul fronte della ricerca scientifica, ma anche nell'ideazione di progetti europei, nel rapporto con le imprese e nelle capacità di comunicazione, in particolare con i pazienti e le loro famiglie. È il risultato ottenuto da MEET, progetto quadriennale di formazione e mobilità Marie Curie nell’ambito della medicina mitocondriale, coordinato dall’Università di Bologna.

I mitocondri sono organelli che producono energia all'interno delle cellule umane. Quando però non funzionano correttamente, di solito a causa di un difetto genetico, possono causare una vasta gamma di malattie, chiamate appunto "mitocondriali". Le patologie di questo tipo sono centinaia, possono colpire diverse parti del corpo umano e sono estremamente difficili da diagnosticare.

"Si tratta di malattie rare se vengono prese singolarmente - spiega Giuseppe Gasparre, docente Unibo e coordinatore del progetto MEET - ma se le raggruppiano in un unico sottoinsieme, diventano una parte sostanziale delle possibili patologie umane. Lo sviluppo di cure per queste malattie è purtroppo ancora agli inizi e le terapie esistenti ad oggi sono utili principalmente per rallentare la progressione della malattia o attenuarne temporaneamente i sintomi".

Partendo da questo quadro, l'obiettivo di MEET era formare una nuova generazione di giovani ricercatori in grado di colmare il divario tra ricerca di base e ricerca applicata nella medicina mitocondriale. La squadra messa in piedi dal progetto, sotto il coordinamento dell'Alma Mater e grazie a borse di ricerca Marie Curie, è formata da 11 studenti di dottorato e tre ricercatori post-doc.

Dottorandi e ricercatori hanno lavorato insieme ai nove partner accademici e industriali che hanno animato il progetto, ma hanno anche preso parte ad un programma di formazione con l'obiettivo di creare una comunità europea di ricerca sulla medicina mitocondriale. Hanno inoltre appreso come formulare proposte per ottenere finanziamenti per la ricerca dall'Unione Europea e come commercializzare le innovazioni nate dalle attività di ricerca.

Ma i protagonisti di MEET - fatto particolarmente insolito - si sono anche trovati a dialogare con i pazienti affetti da quelle stesse malattie che sono state oggetto delle loro ricerche. "Di solito - conferma la project manager e ricercatrice Unibo Serena Paterlini - il paziente è considerato un soggetto esterno alle attività di ricerca. Con MEET abbiamo invece voluto mettere i pazienti al centro. Abbiamo fatto uscire i ricercatori dai loro laboratori e portato dentro i laboratori i pazienti. Molti ricercatori hanno avuto così per la prima volta la possibilità di conoscere persone affette da quelle stesse malattie su cui stavano facendo ricerca".

Da questo punto di vista innovativo sono nati diversi progetti e iniziative, tra cui una serie di video informativi e un libro da colorare per aiutare i bambini a capire cos'è una malattia mitocondriale. E grazie al foundraising, i ricercatori hanno donato oltre 3.000 euro all'associazione International Mito-Patients (IMP) con l'obiettivo di contribuire a sviluppare una terapia per il dolore muscolare nelle malattie mitocondriali.

Il focus del progetto, ad ogni modo, è stata l'attività di ricerca, che in quattro anni di lavoro ha già prodotto 40 pubblicazioni, e altre sono in dirittura d'arrivo. "L'impatto più immediato - spiega Giuseppe Gasparre - sarà sulla diagnosi: c'è un'ampia parte di pazienti che non ha ancora ricevuto una diagnosi genetica per la propria malattia mitocondriale. Grazie a MEET sono stati scoperti nuovi geni associati alla malattia: un elemento che migliorerà le analisi genetiche e le procedure diagnostiche, accelerando così anche le scelte terapeutiche".