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L'Università di Bologna in Iraq: archeologia, cultura, formazione

Una delegazione guidata dal rettore Francesco Ubertini è in visita in questi giorni nel paese mediorientale per presentare i progetti portati avanti dall'Alma Mater: Eduu, dedicato alla divulgazione del patrimonio archeologico e culturale iracheno, e Qadis, pensato per la ricognizione mirata di siti archeologici con tecnologie avanzate


Il ret
tore Francesco Ubertini e la prorettrice per le relazioni internazionali Alessandra Scagliarini sono in questi giorni in Iraq per presentare e promuovere le attività internazionali che l'Università di Bologna sta mettendo in campo nel paese mediorientale. La delegazione Unibo partecipa al primo convegno internazionale per la valorizzazione del patrimonio archeologico in Iraq, ospitato sabato 20 e domenica 21 gennaio nel campus dell'Università di Kufa, ateneo del governatorato di Najaf, in Iraq meridionale. Tra gli ospiti ci saranno anche il Ministro iracheno della ricerca e l'ambasciatore italiano in Iraq Bruno Pasquino.


Esperti iracheni e internazionali presenteranno e discuteranno le più recenti metodologie di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio archeologico. Tra i principali obiettivi della due giorni c'è la nascita di un forum di cooperazione e discussione in Iraq sul ruolo del patrimonio archeologico come strumento di dialogo tra diversi settori della popolazione e quindi come piattaforma per ristabilire coesione sociale in un paese fortemente segnato da decenni di guerre e lacerazioni interne.

L'evento è parte delle attività del progetto Eduu finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma EuropeAid. Coordinato dal docente Unibo Nicolò Marchetti, Eduu (Education and Culturale Hiritage Enhancement for Social Cohesion in Iraq) è un progetto di cooperazione allo sviluppo che si muove nel campo dell’educazione, della ricerca e della divulgazione tra la popolazione locale del sapere legato al patrimonio archeologico e culturale iracheno. Il progetto è coordinato dall’Università di Bologna e coinvolge anche l’Università di Torino, il Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino e le università irachene di Baghdad, Qadisiyah e Kufa.

Con la conferenza di Kufa si conclude la prima fase di Eduu, che ha visto i partner impegnati in campagne archeologiche nella zone di Qadisiyah e al-Kut. L'obiettivo era reperire dati sul popolamento, sulla cultura materiale e sul rapporto tra uomo e territorio nell’antica Mesopotamia. I dati raccolti e il lavoro archeologico saranno la base per organizzare attività di training per il personale impiegato nel settore dei beni culturali in Iraq, corsi nelle scuole superiori sull’importanza del patrimonio culturale e per lavorare in alcuni importanti musei a Baghdad e in zone provinciali come Kufa e Qadisiyah.

Ma l'impegno dell'Università di Bologna in Iraq non finisce qui. L'Alma Mater è attiva infatti nel paese mediorientale anche con Qadis: progetto congiunto italo-iracheno diretto dal docente Unibo Nicolò Marchetti e pensato per la ricognizione mirata di siti archeologici. Il punto di partenza di Qadis risale al lavoro svolto tra gli anni ’60 e ’70 da una equipe americana diretta da Robert Mc. Adams (Università di Chicago). L'obiettivo è comprendere, grazie a metodologie e tecnologie innovative, l’evoluzione degli insediamenti e dell’utilizzo del territorio nell’area orientale della moderna regione di Qadisiyah, in Iraq centrale.

I ricercatori di Qadis utilizzano immagini satellitari (Google Earth, ESRI, Bing Maps, Corona), foto da droni (sia quadricotteri, sia velivoli monoala), ricerche geoarcheologiche con carotaggi, ricognizioni sul campo e sondaggi stratigrafici. Tutte attività che nascono dalla collaborazione tra archeologi e topografi di Università di Bologna, State Board of Antiquities and Heritage, Università di Qadisiyah e Università di Kufa. Metodologie d'indagine innovative, grazie alle quali è stato possibile scoprire nuovi siti archeologici e definire i percorsi degli antichi canali d’acqua, vere e proprie vie di comunicazione dell’antica Mesopotamia. Le immagini scattate con i droni hanno inoltre permesso di ricostruire gli impianti urbani di alcuni siti risalenti a più di 4000 anni fa, come Puzrish Dagan (Tell Drehem), Tummal (Tell Dlehim) e Umm al-Fugas.